Ieri si è presentato in procura
Marco Fassoni Acetti, l’uomo
che nei giorni scorsi ha consegnato alla trasmissione Chi l’ha visto? un flauto
dicendo che era appartenuto a Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina
vaticana sparita nel giugno dell’83: un giallo internazionale che dura da
trent’anni. Fassoni Acetti è noto alle cronache per aver vinto un vecchio
concorso come sosia dell’attore Roberto Benigni ed essersi fatto pizzicare dalla
polizia di New York qualche anno dopo, nel ’99, perché sfruttando la somiglianza
col comico già famosissimo, pasteggiava nei ristoranti della Grande mela e si
rifiutava di pagare il conto. Allora aveva 40anni, oggi ne ha venti di più e al
procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e alla pm Simona Maisto ha detto di
essere un privato cittadino senza particolari rapporti né con l’ambiente
Vaticano ...
Da: Corriere della Sera.it
E' una deposizione molto inclinata
verso l'autodenuncia, la sua: M.F.A., il superteste che ha messo in conto di
finire sotto accusa per uno dei gialli più inquietanti del dopoguerra, è andato
ben oltre le prime ammissioni sul flauto. Al procuratore aggiunto Giancarlo
Capaldo e al pm Simona Maisto, ha raccontato di essere stato «uno dei principali
telefonisti» del sequestro Orlandi, che sarebbe stato organizzato «dal nucleo di
intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede». E
non basta: quel 22 giugno a corso Rinascimento, dove la quindicenne sparì, lui
sarebbe stato «appostato per scattare fotografie alla Bmw su cui c'era De
Pedis», e nei mesi successivi avrebbe incontrato «moltissime volte Emanuela, che
restò a Roma fino al dicembre del 1983».
Emanuela Orlandi (foto Ansa)
Sono dichiarazioni esplosive, sulle
quali però la Procura si mantiene cauta. Se fondate, il giallo sarebbe a una
svolta definitiva. Il primo dubbio è scontato: perché parla 30 anni dopo? La
risposta è che confida nel «nuovo clima» in Vaticano dopo l'avvento di papa
Francesco e nel fatto che altri, «soprattutto le ragazze coinvolte in quello che
è stato un sequestro-bluff», seguano il suo esempio. Il teste precisa che il
«primo impulso» gli è venuto dall'essere stato «coinvolto in un omicidio, sempre
nell'83, in una pineta vicino la villa di un magistrato che seguiva la pista
bulgara sull'attentato a Wojtyla». All'episodio, a suo dire, fece riferimento un
falso dossier del Sisde.
Il flauto ritrovato (Ansa)
L'uomo, ex collegiale, appassionato di
cinema, ha spiegato che fu contattato da ecclesiastici che «in virtù della mia
creatività mi proposero di collaborare con sacerdoti un po' peccatori per creare
situazioni da usare contro certi paesi dell'Est». Il gruppo sarebbe intervenuto
come «una lobby di controspionaggio», nell'ambito di presunti contrasti tra
opposte fazioni vaticane, con foto e intimidazioni su temi caldi come «la
gestione dello Ior, la revisione del codice di diritto canonico, i finanziamenti
a Solidarnosc, le nomine».
Emanuela Orlandi (Ansa)
Obiettivo:
condizionare la Curia. Solo con
Emanuela e Mirella, però, si arrivò al sequestro, anche se «per entrambe
all'inizio fu allontanamento volontario, in quanto creammo una trama di amiche
con cui si allontanarono». Per la Orlandi, davanti al Senato, avrebbe agito «una
compagna di scuola, che salì con lei su un'auto assieme a un finto prete»,
mentre con la Gregori «successe l'imprevisto: si innamorò di un nostro
operatore, andò all'estero e tornò una sola volta a Roma, nel 1994, per
incontrare sua madre in un caravan in corso d'Italia». Antonietta Gregori, la
sorella, replica stizzita: «L'avrei saputo, è una falsità assoluta». Quanto a
Emanuela, l'idea era di liberarla presto, «il tempo di avere in mano la denuncia
di scomparsa per esercitare pressioni», ma il piano fallì «soprattutto per
l'appello del Papa all'Angelus, il 3 luglio, che diede risalto mondiale al
caso».
I manifesti con i volti di Emanuela Orlandi e
Mirella Gregori (Milestone)
La ragazza «non subì violenze, visse
in due appartamenti e in due camper, le procurammo un pianoforte e la
rassicuravamo dicendole che la famiglia era al corrente». Questo fino a dicembre
1983. Poi, avrebbe detto l'uomo ai magistrati, «il gruppo la trasferì
all'estero, nei sobborghi di Parigi», «dove potrebbe essere ancora viva, così
come Mirella, ma non so dove». Farneticazioni? Ennesimo depistaggio? Mezze
verità? La risposta dipende da indizi e riscontri, ammesso che l'enigmatico
personaggio li abbia forniti.
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