SORPRESE E DOMANDE
Giuliano la invitò ad una festa che lui dette a casa sua. Era molto emozionato ed onorato della sua presenza.
Abitava nel quartiere nuovo della Balduina, dove abitavano altri amici di Vera e dove, dati i costi delle case, gli abitanti erano persone con professioni allora ben remunerate: impiegati di banca, professionisti, impiegati pubblici con ruoli apicali.
Il padre di Giuliano era un Ingegnere del Ministero dei Lavori Pubblici ma, come disse lui a Vera, aveva anche una sua attività privata che consisteva in un commercio di ceramiche con gli USA. La madre era una Dirigente del Ministero della Pubblica Istruzione.
La accolse in un ampio ingresso elegantemente arredato e aprì quello che a casa di Vera era "l'attaccapanni dell'ingresso": una piccola stanza foderata di raso verde damascato di cui una parete era costituita in parte da uno specchio; aprendo la porta imbottita di raso si accendeva automaticamente la luce per illuminare l'interno.
Vera percepiva l'emozione che suscitava in lui la sua presenza, ma lui non poteva percepire le constatazioni che la sua casa suscitava nella ragazzina: ella misurava la differenza abissale con la sua casa, quindi con la sua condizione.
L'ingresso della sua casa, allocata in un palazzo di età umbertina al quartiere Prati, era in una via molto bella e molto nota ma l'ingresso, costituito solo da un vasto corridoio, aveva un semplice attaccapanni in legno massello con al centro un piccolo specchio, una cassettina chiudibile portaguanti e portaombrelli inserito, sicuramente più costoso di ben altri arredi di case di persone che abitavano in quel palazzo, tutti piccolo borghesi, ma ad una distanza siderale da quello che i suoi occhi vedevano in quella casa.
La sorpresa successiva fu molto più eclatante e suscitò nella acuta Vera molte domande a cui poté dare risposta anni dopo.
"C'è una festa da Antonio, un mio compagno di classe, compie gli anni. Sono invitato con te, la mia ragazza. E' di pomeriggio quindi non devi chiedere permessi ai tuoi genitori."
In realtà il padre di Vera non l'avrebbe mandata a nessuna festa pomeridiana in casa di nessuno se non conosceva in tutto o in parte la famiglia. Sua madre era diversa, più libera, e riponeva fiducia in quello che faceva sua figlia. Ma Vera si prendeva la sua libertà dicendo bugie non volendo rinunciare a vivere. Così suo padre aveva saputo della festa in casa di Maria Letizia approvando l'andarci di Vera, ma nulla sapeva della festa a casa di Giuliano, né tanto meno a casa di Antonio...
Ma come poteva Vera accontentare la pretesa di suo padre di conoscere ogni famiglia dove si ballava la domenica pomeriggio?
Nulla sapeva neppure del suo filarino con Giuliano, con cui si scambiava solo qualche casto bacio stringendosi un po'...
Si recarono dunque a casa di Antonio per la festa di compleanno dei suoi quindici anni.
Egli abitava nello stesso quartiere di Vera, a pochi passi a piedi dal palazzo umbertino dove lei abitava: Via della Conciliazione. Se Vera andava a piedi a Piazza S. Pietro, molto vicina alla sua abitazione, il portone dove abitava Antonio era quasi sulla piazza. Entrarono in un cortile carrabile costituito da un pavé di sampietrini, sovrastato da una balconata classica in marmo bianco sui tre lati. Salirono al piano della balconata e suonarono ad una grande porta in legno massiccio: aprì una cameriera in divisa nera, grembiulino e crestina bianche. Antonio, molto emozionato, mostrava tutta la sua timidezza: era elegantissimo in un abito scuro giacca e pantalone e risaltavano i suoi capelli biondissimi perfettamente pettinati e impomatati.
Ballarono nell'ampio locale delimitato da uno dei lati della balconata classica che dava sul cortile. Aprirono una delle altissime portafinestre per affacciarvisi quando qualcuno disse: "E' arrivata la madre di Antonio!" Nel cortile videro una limousine e l'autista gallonato che, toltosi il berretto, apriva la portiera alla madre di Antonio..
Per tutto il tempo del ballo la camerierina, sui trenta anni in divisa e crestina sui capelli rossicci, servì bevande rigorosamente analcoliche su un vassoio, uscendo da una enorme porta bugnata in fondo a sinistra di quello che era uno spazio che costituiva l'equivalente di un salone doppio di un appartamento alto borghese.
La sorella più grande di Antonio, Maria, li guardava ballare poggiata accanto ad una delle finestre che davano sulla balconata del cortile. Era sui vent'anni, magra, bionda anche lei. Guardava molto Vera per il suo aspetto sicuramente molto gradevole ed elegante in uno dei suoi vestiti che disegnava lei stessa, per poi farli realizzare da quelle che lei chiamava affettuosamente le "sue sorelle Fontana", due sorelle pugliesi zitelle che lavoravano e abitavano nella stessa scala dove era la sua casa e il cui cognome iniziava per "F" come le ben più famose sarte.. Le stoffe le sceglieva con cura in un negozio-grottino in Via Cola di Rienzo.
In seguito, colpita da tanta magnificenza, chiese a Giuliano: "Ma che lavoro fa il padre di Antonio?"
"E' funzionario di banca." Rispose Giuliano.
Lei pensò ai molti giovani che abitavano alla Balduina e i cui padri erano funzionari di banca e la distanza, sia pure nel benessere, le sembrava inspiegabile.
Poi Giuliano precisò: "Lavora per la Banca del Vaticano."
Nella giovane ed inesperta mente di Vera si affacciò un primo pensiero che spiegava una parte delle sue perplessità: "Ecco perché abitano in un palazzo che affaccia quasi su Piazza S. Pietro..."
In futuro Vera, lavorando ad un libro edito da Lucarini Editore, scoprì fra i collaboratori di quella Casa Editrice Maria, la sorella di Antonio, che curava una edizione letteraria...
Il mondo è piccolo, pensò.
Nessun commento:
Posta un commento