venerdì 11 luglio 2025

ROMANZO "Con il tempo capirai..." APPARENZA E REALTA'

APPARENZA E REALTA' 

Ma le emozioni che le aveva suscitato Pietro, pur non bello, dai lineamenti irregolari, non riusciva a suscitargliele Giuliano, carino, fine e dolce come era.
Cercò di leggere in sé stessa: forse era per l'età così vicina alla sua? Le piacevano ragazzi più grandi, più maturi.. Ma Pietro aveva solo diciassette anni.. Dunque c'era un "quid", qualcosa di invisibile suscitato dai modi, dall'atteggiamento, dal comportamento che davano alla persona la sua specificità che su un'altra poteva avere effetti diversi... E Giuliano non la faceva innamorare. 
All'ultimo appuntamento venne vestito con un elegantissimo completo bianco ed una scatolina con un dono per lei. Quel giorno era seccata, voleva lasciarlo, ma aperta la scatola del regalo si commosse: una lunga collana di cristallo di Murano brillava di luce nella scatola imbottita.
Quella collana la ebbe per tutta la vita, indossandola fino ad essere ormai vecchia, e la figlia, che ebbe da un uomo con lo stesso nome, le costruì una coppia di orecchini da abbinarci di un cristallo simile ma meno splendente.
Rimasero amici, si sentivano per telefono, e lui, un po' per verificare se in lei ci fosse rimasto un interesse sentimentale per lui e un po' per orgoglio, le raccontò di aver avuto fra le braccia una ragazza molto prosperosa che, scivolandole dalle spalle le spalline del costume da bagno, si era ritrovata con il seno nudo. Vera non provò nessuna gelosia, anzi, fu felice per lui sperando che soffrisse il meno possibile del fatto che lei non era riuscita a contraccambiarlo.
Nella sede dell'Azione Cattolica che frequentava assiduamente dai suoi undici anni aveva diverse amicizie. Quello era uno spazio e un luogo dove poteva muoversi con una certa libertà e che suo padre approvava. Un'amica, Caterina, poco più grande di lei, la invitò ad una gita fuori Roma con i suoi ex compagni di scuola: lei era già diplomata in Ragioneria. A quella gita Vera conobbe Roberto. Aveva vent'anni ed era decisamente bello e, apparentemente, fine. Le dimostrò subito un grande interesse e lei se ne innamorò. Era iscritto all'università, aveva un'auto a sua disposizione e vestiva con maglioncini di cachémire. 
Caterina, appreso da lei che si erano messi insieme, ne fu felice. Era una ragazza schietta, simpatica anche se non bellissima, e condividevano con Vera gli stessi valori morali derivanti dall'insegnamento religioso dell'Associazione di cui facevano parte.
La prima crepa su un mondo a Vera sconosciuto si aprì una sera seduti ad un tavolo all'aperto di un bar in Viale Giulio Cesare: a pochi passi dal palazzo dove abitava Vera. Erano le sette di sera e Vera doveva rientrare come sempre alle otto secondo le imposizioni di suo padre, il quale nulla sapeva del fatto che lei aveva un ragazzo né che avesse mai avuto una qualsivoglia relazione sentimentale.
Roberto era da poco rientrato da una vacanza a Parigi e si era tagliata la breve barba che tanto gli donava.
Vera gli chiese come mai. Lui con naturalezza rispose: "L'ho dovuta tagliare perché una zozza mi aveva attaccato i pidocchi del pube."
La ragazza rimase gelata a guardare il bel viso di quel giovane che ora le appariva come se si fosse trasformato improvvisamente in un mostro deforme. Non capiva come potessero esistere "pidocchi del pube" e come potessero essere finiti sulla sua barba.
Con naturalezza, come se fosse normale, egli spiegò che era andato a letto con una "che non si lavava", brutta e con due "prosciutti" per cosce. 
Le volle mostrare anche una foto in bianco e nero dove la tizia, grassa e brutta, stava nuda con lui ed un'altra coppia, tutti e quattro nudi, in un prato.
Vera così scopriva che, pur di fare sesso, quel tipo con l'aspetto così gradevole, si abbassava ad accoppiarsi con chiunque, in un vero abrutimento.
Lei del sesso aveva un'idea tutt'affatto diversa, legato indissolubilmente ad un rapporto profondo di amore e rispetto reciproco.
Eppure non si alzò tornandosene a casa dandogli un addio.. La deformità morale che pure l'aveva disgustata non fu sufficiente a farle troncare quel rapporto.
Passarono così dieci mesi in cui lei provò a lasciarlo tre volte, ma sempre ricadeva in quel rapporto degradante per il sentimento che suo malgrado provava per lui, inspiegabile anche a sé stessa visto che amava un involucro che le aveva svelato di essere ben altro.
Nonostante le insistenze di lui non volle cedere ad avere con lui rapporti sessuali spiegandogli più volte quali erano le sue idee e i suoi principi. Lui si prendeva qualche libertà quando si baciavano che a lei davano imbarazzo e fastidio. Ma riuscì a non perdere i suoi principi.
Si confidò con Caterina attraverso cui l'aveva conosciuto: come poteva essere amica di una persona senza valori morali? Caterina rimase in grande imbarazzo, non sapeva nulla di certi aspetti del suo ex compagno di classe.. Certo anche lei, avendo gli stessi principi di Vera, era turbata. Cercò però di salvare Roberto mostrandosi comprensiva per l'esigenza di lui di avere qualcosa di più di un bacio da lei.. Si mostrò imbarazzata ma più realista di Vera.
Ma Vera lo lasciò definitivamente e partì per la casa delle vacanze in montagna.
Le giunse lì una lettera di Roberto in cui le confidava che gli era morta la nonna, che tanto si era occupata di lui dato che sua madre aveva sempre lavorato, e lui era caduto in una crisi profonda avendolo lei abbandonato ed ora si sentiva attratto da un ragazzo... Era ricaduto in una omosessualità che aveva vissuto ma che credeva superata.
"Anche questo?!" Pensò orripilata la ragazza. Lui le chiedeva aiuto. Lei pensò:  "Ora capisco perché andava anche con donne brutte e pure sporche, per questo vanno bene anche gli uomini!"  E gli rispose con una lettera in cui gli diceva che era un pervertito senza speranza, un malato. Questo pensava e questo gli scrisse: metterlo davanti a sé stesso fu il suo aiuto. 

giovedì 10 luglio 2025

ROMANZO "Con il tempo capirai..." SORPRESE E DOMANDE

 SORPRESE E DOMANDE

Giuliano la invitò ad una festa che lui dette a casa sua. Era molto emozionato ed onorato della sua presenza.
Abitava nel quartiere nuovo della Balduina, dove abitavano altri amici di Vera e dove, dati i costi delle case, gli abitanti erano persone con professioni allora ben remunerate: impiegati di banca, professionisti, impiegati pubblici con ruoli apicali.
Il padre di Giuliano era un Ingegnere del Ministero dei Lavori Pubblici ma, come disse lui a Vera, aveva anche una sua attività privata che consisteva in un commercio di ceramiche con gli USA. La madre era una Dirigente del Ministero della Pubblica Istruzione.
La accolse in un ampio ingresso elegantemente arredato e aprì quello che a casa di Vera era "l'attaccapanni dell'ingresso": una piccola stanza foderata di raso verde damascato di cui una parete era costituita in parte da uno specchio; aprendo la porta imbottita di raso si accendeva automaticamente la luce per illuminare l'interno. 
Vera percepiva l'emozione che suscitava in lui la sua presenza, ma lui non poteva percepire le constatazioni che la sua casa suscitava nella ragazzina: ella misurava la differenza abissale con la sua casa, quindi con la sua condizione.
L'ingresso della sua casa, allocata in un palazzo di età umbertina al quartiere Prati, era in una via molto bella e molto nota ma l'ingresso, costituito solo da un vasto corridoio, aveva un semplice attaccapanni in legno massello con al centro un piccolo specchio, una cassettina chiudibile portaguanti  e portaombrelli inserito, sicuramente più costoso di ben altri arredi di case di persone che abitavano in quel palazzo, tutti piccolo borghesi, ma ad una distanza siderale da quello che i suoi occhi vedevano in quella casa.
La sorpresa successiva fu molto più eclatante e suscitò nella acuta Vera molte domande a cui poté dare risposta anni dopo.
"C'è una festa da Antonio, un mio compagno di classe, compie gli anni. Sono invitato con te, la mia ragazza. E' di pomeriggio quindi non devi chiedere permessi ai tuoi genitori."
In realtà il padre di Vera non l'avrebbe mandata a nessuna festa pomeridiana in casa di nessuno se non conosceva in tutto o in parte la famiglia. Sua madre era diversa, più libera, e riponeva fiducia in quello che faceva sua figlia. Ma Vera si prendeva la sua libertà dicendo bugie non volendo rinunciare a vivere. Così suo padre aveva saputo della festa in casa di Maria Letizia approvando l'andarci di Vera, ma nulla sapeva della festa a casa di Giuliano, né tanto meno a casa di Antonio...
Ma come poteva Vera accontentare la pretesa di suo padre di conoscere ogni famiglia dove si ballava la domenica pomeriggio?
Nulla sapeva neppure del suo filarino con Giuliano, con cui si scambiava solo qualche casto bacio stringendosi un po'...
Si recarono dunque a casa di Antonio per la festa di compleanno dei suoi quindici anni.
Egli abitava nello stesso quartiere di Vera, a pochi passi a piedi dal palazzo umbertino dove lei abitava: Via della Conciliazione. Se Vera andava a piedi a Piazza S. Pietro, molto vicina alla sua abitazione, il portone dove abitava Antonio era quasi sulla piazza. Entrarono in un cortile carrabile costituito da un pavé di sampietrini, sovrastato da una balconata classica in marmo bianco sui tre lati. Salirono al piano della balconata e suonarono ad una grande porta in legno massiccio: aprì una cameriera in divisa nera, grembiulino e crestina bianche. Antonio, molto emozionato, mostrava tutta la sua timidezza: era elegantissimo in un abito scuro giacca e pantalone e risaltavano i suoi capelli biondissimi perfettamente pettinati e impomatati.
Ballarono nell'ampio locale delimitato da uno dei lati della balconata classica che dava sul cortile. Aprirono una delle altissime portafinestre per affacciarvisi quando qualcuno disse: "E' arrivata la madre di Antonio!" Nel cortile videro una limousine e l'autista gallonato che, toltosi il berretto, apriva la portiera alla madre di Antonio..
Per tutto il tempo del ballo la camerierina, sui trenta anni in divisa e crestina sui capelli rossicci, servì bevande rigorosamente analcoliche su un vassoio, uscendo da una enorme porta bugnata in fondo a sinistra di quello che era uno spazio che costituiva l'equivalente di un salone doppio di un appartamento alto borghese.
La sorella più grande di Antonio, Maria, li guardava ballare poggiata accanto ad una delle  finestre che davano sulla balconata del cortile. Era sui vent'anni, magra, bionda anche lei. Guardava molto Vera per il suo aspetto sicuramente molto gradevole ed elegante in uno dei suoi vestiti che disegnava lei stessa, per poi farli realizzare da quelle che lei chiamava affettuosamente le "sue sorelle Fontana", due sorelle pugliesi zitelle che lavoravano e abitavano nella stessa scala dove era la sua casa e il cui cognome iniziava per "F" come le ben più famose sarte.. Le stoffe le sceglieva con cura in un negozio-grottino in Via Cola di Rienzo.
In seguito, colpita da tanta magnificenza, chiese a Giuliano: "Ma che lavoro fa il padre di Antonio?"
"E' funzionario di banca." Rispose Giuliano.
Lei pensò ai molti giovani che abitavano alla Balduina e i cui padri erano funzionari di banca e la distanza, sia pure nel benessere, le sembrava inspiegabile.
Poi Giuliano precisò: "Lavora per la Banca del Vaticano."
Nella giovane ed inesperta mente di Vera si affacciò un primo pensiero che spiegava una parte delle sue perplessità: "Ecco perché abitano in un palazzo che affaccia quasi su Piazza S. Pietro..."
In futuro Vera, lavorando ad un libro edito da Lucarini Editore, scoprì fra i collaboratori di quella Casa Editrice Maria, la sorella di Antonio, che curava una edizione letteraria...
Il mondo è piccolo, pensò.



mercoledì 9 luglio 2025

ROMANZO "Con il tempo capirai..." SCOPERTE E PRIME RIFLESSIONI

 SCOPERTE E PRIME RIFLESSIONI

Non vide più Pietro e il suo modo, che a lei piaceva tanto, di chiamarla "Veva" per via della erre moscia e per il quale le piaceva prenderlo in giro un po' per vendicarsi della sua indifferenza, lo ricordò sempre.

Una sua compagna di classe, che aveva fatto con lei anche le elementari e le scuole medie, ora era con lei anche alle superiori; era di carattere mite, precisa nei compiti, quanto lei, Vera, era invece manesca e dispettosa almeno fino alla fine della scuola elementare.

Non si sa come e perché dunque Maria Letizia le fosse diventata comunque amica e perché le consentisse a volte di andare a casa sua a prendere i suoi quaderni per copiarne alcuni compiti da fare a casa, visto che lei in alcune materie era svogliata e discontinua.

Il non reagire di Maria Letizia la indusse a dispetti meschini, come quella volta che, spostandosi un po' per volta nel banco comune, cercò di farla uscire dall'altra parte non avendo più spazio nel sedile. Ricordò poi per sempre lo sguardo ferito di lei e la sua espressione di mite indignazione che stava per sfociare in pianto.

Eppure Maria Letizia continuò ad esserle amica e a prestarle i suoi quaderni perfetti anche nei primi anni delle scuole superiori.

Abitava nel suo stesso quartiere, in Via Germanico, a pochi passi a piedi da casa sua. Una volta arrivò a prendere in prestito uno dei suoi quaderni, dopo averle preventivamente telefonato chiedendole se poteva darglielo e, prima di suonare il campanello, sentì la voce della sua amica gridare istericamente. Sorpresa, attese che quell'inusitato sfogo finisse, poi suonò. La sua amica si mostrò sorridente e gentile come sempre, non fece trasparire niente dell'agitazione che aveva provocato quello sfogo. Vera non le chiese nulla.

Dopo pensò però, perché era riflessiva e, crescendo, i lati aggressivi del suo carattere stavano lasciando il posto sempre più alla sensibilità e all'empatia verso gli altri.

Maria Letizia aveva un fratello poco più grande di lei, una madre graziosa ed attenta, un padre che girava in mutande per casa anche in presenza di un'amica come lei. Ecco questo fatto l'aveva colpita come una stonatura, perché aveva notato il lieve sorriso di imbarazzo della sua amica quando questo era avvenuto, giacché negli anni '60 del 1900 i costumi erano contenuti e si teneva un certo decoro nell'abbigliamento nelle varie circostanze e nei luoghi. Gli uomini portavano mutande a calzoncino largo, in seguito vennero chiamate boxer ma di taglio più contenuto. Vera pensava che, se suo padre avesse girato per casa davanti ad una sua amica in visita in quella tenuta, lei si sarebbe sentita sprofondare.

Eppure il padre di Maria Letizia aveva sulla targhetta della porta inciso il titolo di Rag. prima del suo nome e, a quell'epoca, insieme a Geom. erano titoli professionali di un certo valore. Il padre di Vera, ad esempio, non aveva nessuno di quei titoli, ed era un semplice impiegato dello Stato. Vera e Maria Letizia, pur abitando entrambe nel medesimo quartiere borghese ed essendo entrambe le loro famiglie proprietarie degli appartamenti che abitavano, l'una abitava in un appartamento più piccolo e meno pregiato rispetto a quello dell'altra.

Di certo Maria Letizia era più sola di Vera, il cui carattere vivace ed intraprendente le consentiva di allacciare amicizie anche al di fuori di quelle della classe e questo la salvava da una situazione familiare in parte infelice per i dissapori fra i suoi genitori, dovuti a fragilità psicologiche di suo padre e psichiatriche di sua madre.

Avvenne così che un giorno che Maria Letizia l'attendeva sul portone ad un'ora che avevano preventivamente concordato per andare insieme al cinema, Vera scese e non ve la trovò. L'attese pensando ad un contrattempo sapendola molto precisa. Ma l'attesa si prolungò fino ad una mezz'ora e Vera risalì in casa e telefonò: le rispose strillando la sempre gentile e sorridente mamma della sua amica dicendo indignata che "Maria Letizia non aveva bisogno della sua amicizia per quello che le aveva detto sua madre scendendo sul portone mentre lei la stava aspettando.. e sua figlia era tornata a casa in lacrime!" La povera Vera riuscì così a capire a stento in quel fiume in piena che sua madre, nei suoi frequenti irrequieti andirivieni a cui lei nemmeno più faceva caso, era uscita non per fare una delle sue rapide passeggiate o visite alla vicina Chiesa, ma vedendo la timida Maria Letizia già in attesa sul portone l'aveva apostrofata dicendole che "Vera non aveva bisogno di amici, aveva sua madre, non c'era bisogno dunque che lei l'aspettasse!" 

Fu Vera a quel punto a scoppiare in lacrime al telefono cercando di rimediare all'ennesimo problema che la patologia di sua madre le provocava. Non fu facile svelare qualcosa che, pur nell'amicizia che durava da tanti anni, era non palesemente visibile, giacché la patologia di sua madre si manifestava in azioni rare ed anomale, quanto imprevedibili, come questa che aveva vissuto Maria Letizia, e che creavano a lei problemi e dolore. Si scusò più volte, disperata, nel tentativo di recuperare quell'amicizia a cui teneva. La signora sembrò capire, certo "non si vedeva" il disturbo di sua madre, sembrando del tutto normale.. Certo sua madre andava ai colloqui con le maestre prima e con i professori poi, non essendoci suo padre mai andato.. Per fortuna la patologia di cui soffriva sua madre non aveva danneggiato totalmente la sua personalità né la sua intelligenza e nemmeno l'affettività, ma c'era e si manifestava in comportamenti immotivati ed incongrui.

Vera soffrì molto, dispiaciuta per la sua amica, per il dispiacere che sua madre le aveva provocato senza senso e senza motivo.. Si sentì umiliata di doversi scusare e di dover dare tutte quelle spiegazioni fra le lacrime al telefono, ma riuscì a recuperare quell'amicizia e quell'amica a cui voleva bene.

Accadde poi che Maria Letizia stesse male con "l'acetone" e Vera l'andò a trovare. Era a letto, la pelle del viso giallina.. La mamma si mostrò gentile, forse aveva capito davvero il dramma dell'amica di sua figlia. Vera era dispiaciuta che la sua amica stesse male: nonostante i temperamenti molto diversi Vera, dopo quell'episodio traumatico, aveva scoperto quanto le volesse bene. 

Fu a casa di Maria Letizia, che dette una festa per il suo compleanno, come si usava allora nelle famiglie della piccola, media ed alta borghesia, che Vera conobbe Giuliano. Fra gli invitati c'era suo cugino, che aveva un cognome buffo, Zampone, e un suo compagno di liceo: appunto Giuliano.

Aveva solo sei mesi più di Vera e rimase colpito dal suo aspetto: indubbiamente era molto carina e fine e piaceva molto ai ragazzi. Anche Giuliano era carino, dai modi molto fini. Lei accettò di rivederlo e fecero qualche passeggiata insieme, né più né meno di quelle che faceva prima con Pietro e Mario.

Ma lui si era innamorato di lei ma lei non di lui. Ciò nonostante accettò quando lui le chiese se "voleva essere la sua ragazza".

Le piaceva la sua dolcezza, i suoi modi educatissimi e lo baciò volentieri apprezzando le sue labbra morbidissime: baci senza lingua, bellissimi.



giovedì 3 luglio 2025

L'amico ritrovato - di Fred Uhlman

Per caso, non conoscendo assolutamente l'Autore, ho scoperto questo gioiellino letterario.
Non compero più da IBS per la stupidità di chi organizza la promozione delle vendite. Dopo almeno tre volte in cui mi mandavano sconti inserendo un codice nell'ordine ed è capitato che tale codice non si capiva con quale sequenza, secondo loro, doveva essere inserito e nei passaggi è capitato che l'ordine sia repentinamente partito senza sconto, né sia stato possibile annullarlo nell'immediato, ho desistito dall'essere uno dei loro clienti più assidui. L'ho anche segnalato al Servizio Clienti spiegando come fosse inutile assegnarmi il top della classifica dei migliori acquirenti, se poi questo beneficio si deve tradurre in sconti ottenibili mediante codici da inserire "non adesso", "non prima", ma solo ad un certo punto dell'ordine, punto mai chiaro nella sequenza.
Ho dunque trovato questo gioiellino in libreria. Una Edicola-Libreria di Sabaudia. Non ho più l'età e la forza di poter girare per le librerie di Roma come un tempo.. Un piacere a cui ho rinunciato anche per l'impraticabilità della mia città, ormai ridotta ad un carnaio di auto, metallo e persone, riservandomi, appunto, l'ordinare on-line ricevendo i libri a casa. IBS-La Feltrinelli ha rovinato questa comodità con i suoi giochetti sugli sconti di cui, peraltro, non sentivo il bisogno, dato che non vado dal parrucchiere se non ogni due anni, dall'estetista sono andata solo una volta in vita mia quando avevo meno di 30 anni, e non mi compero vestiti da molto tempo e quelli che mi compero sono a saldo o del mercatino settimanale. Quindi spendo ogni due, tre mesi, una trentina di euro in libri.
Nello stand della Libreria di Sabaudia ho scelto questo Autore sconosciuto le cui note biografiche sul retro di copertina dicevano che era nato a Stoccarda, ed un altro altrettanto a me sconosciuto nato ad Istanbul: Pamuk.
A casa ho poi scoperto che Uhlman è ebreo e Pamuk ha preso il Nobel per la letteratura.
Ora il Nobel mi spiace ma non garantisce il valore di quel che mi trovo a leggere: l'ho già scritto. Doris Lessing, Yasunari Kawabata ne sono un esempio. Ho letto un loro libro e mai piu'.. Non mi è piaciuta la scrittura, non mi ha trasmesso alcuna emozione, alcuna riflessione profonda.
Mentre questa meravigliosa storia di Uhlman, un'amicizia  fra due adolescenti tedeschi, uno ebreo della buona borghesia e l'altro di antica nobiltà germanica, è un piccolo capolavoro nella descrizione psicologica dei personaggi, nelle loro reazioni che ho sentito personalmente comprensibili in me, per la mia psicologia, come per la descrizione della miseria umana di ieri, di oggi e di sempre, che ho scoperto in giovane età in altri contesti, con altre motivazioni, ma sempre miseria dell'animo umano che cerca solo pretesti per manifestarsi.
Inevitabilmente c'è dell'autobiografismo, anche se la storia di Fred Uhlman ebreo cittadino tedesco di Stoccarda come il protagonista di questo libro, è diversa per vari aspetti, ma non nella sostanza: l'aver dovuto abbandonare la propria Patria per l'insensatezza folle e barbara di leggi inimmaginabili...
Il libro del Nobel Pamuk lo sto leggendo... Ma non so se varrà la pena di parlarne.. Lo saprò alla fine. Per ora, dato che è il primo scrittore turco che leggo, sto immergendomi nella mentalità della società turca degli anni '70, nella sua conoscenza: sono gli anni della mia giovinezza in Italia, vedrò differenze e paragoni...
Fred Uhlman